Team working, entusiasmo, professionalità, public speaking, problem solving, ecco alcuni esempi di quelle che vengono definite “soft skills”, che letteralmente dall’inglese starebbe per “competenze morbide” ma che in italiano vengono significativamente chiamate competenze trasversali, a sottolinearne la natura di abilità comuni a tutti i settori professionali, a differenza delle “hard skills” o competenze specifiche, orientate cioè a singoli ambiti e mansioni.
Ma se le hard skills si imparano a scuola e all’università, acquisire e padroneggiare le competenze trasversali non è scontato, anche se in un mondo aziendale complesso e che vive di relazioni le soft skills sono sempre più importanti.
Ecco perché al Master in Agrifood business della Smea esiste da anni un corso dedicato a questo tema.
«In un contesto economico e professionale sempre più veloce, dove a sopravvivere non è il più forte o il più intelligente ma il più capace di adeguarsi al cambiamento, è sempre più importante fornire ai futuri professionisti gli strumenti adatti ad affrontare i problemi» ci spiega la professoressa Paola Pomi, docente all’Alta scuola di management ed economia agro-alimentare della Cattolica di Cremona e Chief executive officer di Sinfo One un’azienda di soluzioni IT e consulenza strategica, a riprova dello stretto rapporto che la Smea trattiene con il mondo delle imprese.
«Ormai da anni, i vari ambiti lavorativi promuovono l'integrazione delle diversità – prosegue Pomi – e solo così si ottiene innovazione e creatività. Le competenze hard e soft devono poter interagire con la stessa logica della “diversity”»
Al Master in agrifood business, si parte dalla considerazione che le competenze trasversali sono necessarie a tutti i profili professionali e personali, indipendentemente dal ruolo aziendale, dai settori di impiego, dai livelli di esperienza precedentemente sviluppati o dalle competenze tecniche. Imparare e far crescere le soft skills fornisce allo studente un vantaggio competitivo, e lo aiuta a riconoscere le cause e le ragioni di alcuni comportamenti, dandogli gli strumenti per raggiungere risultati nel lavoro e aprirsi a una carriera soddisfacente.
Da come ci spiega la professoressa Pomi, a inizio corso gli alunni vengono invitati a creare gruppi che potranno lavorare in presenza o in videoconferenza. Sono gruppi “autogestiti”, nel senso che le regole di composizione e l’assegnazione dei ruoli al loro interno viene stabilita dal team stesso. Dopo la preparazione dei gruppi viene assegnato il tema che dovrà esser svolto al suo interno. Ogni gruppo avrà la possibilità di discutere lo stato di avanzamento del lavoro con la docente in quella che diventa una attività di coaching.