29 aprile 2021
Si è detto in tante occasioni di come la drammatica emergenza sanitaria da Covid-19 sia sfociata in una grave crisi economica e sociale. Del particolare impatto che la pandemia ha avuto e sta avendo sul settore lattiero-caseario ha parlato Ester Venturelli, analista economico della Fao in un webinar alla Smea, l’Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell’Università Cattolica di Cremona, dedicato sia agli studenti del Master in agrifood business che della Laurea magistrale in agricultural and food economics.
Venturelli – peraltro ex studentessa Smea, approdata dopo pochi mesi dalla laurea alla Fao – ha sottolineato come, storicamente, le pandemie provochino shock simultanei di domanda e offerta che colpiscono le economie in modo eterogeneo e diverso a seconda dei settori.
E anche con Covid-19, dal lato dell’offerta hanno pesato l’aumento dei tassi di mortalità, la morbilità e limitazioni alla mobilità dei lavoratori. Dal lato della domanda, le diffuse restrizioni sociali, le difficoltà iniziali da parte dei cittadini a far fronte agli acquisti al dettaglio, la chiusura di bar e ristoranti ma anche le modifiche nelle scelte dei consumatori hanno pesato fortemente.
In particolare – ha proseguito Venturelli – per quanto riguarda i paesi maggiormente esportatori, a inizio pandemia si è registrato un eccesso di offerta di latte con conseguente calo dei prezzi alla produzione. Mentre per le realtà nazionali importatrici sono state registrate difficoltà di approvvigionamento che si sono riverberate nei canali di vendita interni. Oggi, a un anno di distanza, a livello di produzione primaria si nota un aumento del costo dei fattori di produzione, un incremento della volatilità dei prezzi e una maggiore concentrazione settoriale.
Nell’ambito del commercio internazionale, da subito si è dunque verificato un notevole calo delle quantità esportate e una diminuzione dei prezzi mondiali del latte in polvere: la classica commodity lattiera. Ma un anno dopo, i prezzi a livello globale dei latticini hanno recuperato, anche per un rafforzamento delle politiche a favore di un approccio all'autosufficienza alimentare.
Per quanto riguarda la produzione industriale, le difficoltà si sono concentrate sul reindirizzamento dei prodotti dedicati all’Horeca verso i canali di vendita al dettaglio. Un’operazione non agevole per tutti i caseifici. Tanto che oggi si rileva un incremento degli investimenti per il trasporto del latte fresco, e costi di standardizzazione più elevati.
Dal punto di vista dei consumi, la domanda – come dicevamo – è volatile, e l’attuale principale driver sembra essere il reddito familiare; è dunque elevata l’elasticità al prezzo. E si nota anche un passaggio da prodotti di valore consistente a prodotti a standard inferiore e, soprattutto, si è visto il passaggio da prodotti deperibili a prodotti a lunga conservazione.
Si è detto in tante occasioni di come la drammatica emergenza sanitaria da Covid-19 sia sfociata in una grave crisi economica e sociale. Del particolare impatto che la pandemia ha avuto e sta avendo sul settore lattiero-caseario ha parlato Ester Venturelli, analista economico della Fao in un webinar alla Smea, l’Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell’Università Cattolica di Cremona, dedicato sia agli studenti del Master in agrifood business che della Laurea magistrale in agricultural and food economics.
Venturelli – peraltro ex studentessa Smea, approdata dopo pochi mesi dalla laurea alla Fao – ha sottolineato come, storicamente, le pandemie provochino shock simultanei di domanda e offerta che colpiscono le economie in modo eterogeneo e diverso a seconda dei settori.
E anche con Covid-19, dal lato dell’offerta hanno pesato l’aumento dei tassi di mortalità, la morbilità e limitazioni alla mobilità dei lavoratori. Dal lato della domanda, le diffuse restrizioni sociali, le difficoltà iniziali da parte dei cittadini a far fronte agli acquisti al dettaglio, la chiusura di bar e ristoranti ma anche le modifiche nelle scelte dei consumatori hanno pesato fortemente.
In particolare – ha proseguito Venturelli – per quanto riguarda i paesi maggiormente esportatori, a inizio pandemia si è registrato un eccesso di offerta di latte con conseguente calo dei prezzi alla produzione. Mentre per le realtà nazionali importatrici sono state registrate difficoltà di approvvigionamento che si sono riverberate nei canali di vendita interni. Oggi, a un anno di distanza, a livello di produzione primaria si nota un aumento del costo dei fattori di produzione, un incremento della volatilità dei prezzi e una maggiore concentrazione settoriale.
Nell’ambito del commercio internazionale, da subito si è dunque verificato un notevole calo delle quantità esportate e una diminuzione dei prezzi mondiali del latte in polvere: la classica commodity lattiera. Ma un anno dopo, i prezzi a livello globale dei latticini hanno recuperato, anche per un rafforzamento delle politiche a favore di un approccio all'autosufficienza alimentare.
Per quanto riguarda la produzione industriale, le difficoltà si sono concentrate sul reindirizzamento dei prodotti dedicati all’Horeca verso i canali di vendita al dettaglio. Un’operazione non agevole per tutti i caseifici. Tanto che oggi si rileva un incremento degli investimenti per il trasporto del latte fresco, e costi di standardizzazione più elevati.
Dal punto di vista dei consumi, la domanda – come dicevamo – è volatile, e l’attuale principale driver sembra essere il reddito familiare; è dunque elevata l’elasticità al prezzo. E si nota anche un passaggio da prodotti di valore consistente a prodotti a standard inferiore e, soprattutto, si è visto il passaggio da prodotti deperibili a prodotti a lunga conservazione.