07 gennaio 2019
Le garanzie di trasparenza e sicurezza che vengono associate ai sistemi blockchain promettono notevoli benefici in molti settori economici. L'agroalimentare è certamente tra questi, per i vantaggi che l'applicazione di questa tecnologia potrebbe portare nei rapporti tra operatori di una filiera e soprattutto nella relazione tra gli stessi operatori e i consumatori finali. In termini generali, la blockchain potrebbe dunque rappresentare un meccanismo teso all'ottimizzazione del funzionamento delle filiere basato sull'affidabilità e sulla trasparenza delle informazioni condivise.
Ma un poco più concretamente, cos'è la blockchain? In estrema sintesi è un sistema per la creazione di enormi database che tengano traccia di transazioni (operazioni in senso lato) tra diversi soggetti racchiudendone le informazioni in "blocchi" informatici. La registrazione delle informazioni riguardante le transazioni viene effettuata in linguaggio crittografato. Il che però rappresenta solo il primo livello di sicurezza offerto dalla blockchain, perché la garanzia dell'intero meccanismo è data proprio dalla caratteristica principale di questa tecnologia e che ne rappresenta la novità: i blocchi di informazioni immessi nel sistema vengono validati dai "nodi" presenti nella rete blockchain e non possono essere modificati senza una nuova ratifica da parte degli operatori di quella rete. In altre parole, all'interno di una blockchain, tutti sanno tutto e tutti devono validare tutto. Diventa dunque praticamente impossibile per un singolo operatore modificare qualche dato all'insaputa degli altri soggetti.
Da questa descrizione sommaria e un po' astratta passare a intravedere i vantaggi delle applicazioni di blockchain in un settore economico quale l'agroalimentare non è così difficile.
Per esempio per i risvolti che una simile tecnologia può offrire in diversi ambiti, quali la sicurezza alimentare, la tracciabilità di filiera, l'ulteriore garanzia sui prodotti a qualità certificata (Dop, "bio" ecc.).
Proprio su questi aspetti peculiari, abbiamo chiesto qualche informazione in più al professor Stefano Boccaletti, direttore del Master in agri-food business della Smea, Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell'Università Cattolica di Cremona.
«Oggi una chiave fondamentale per ottenere un vantaggio competitivo – spiega Boccaletti – è possedere più informazioni rispetto ai propri competitor, in particolar modo quelle sui comportamenti di consumo e sulla loro evoluzione. Ma per tramutare concretamente le informazioni in un vantaggio competitivo è necessaria una gestione razionale ed efficiente di queste informazioni: è perciò fondamentale garantire che tutte le componenti della catena dell’offerta agro-alimentare collaborino sinergicamente per garantire prodotti e servizi in linea con quanto i mercati richiedono. Ed è proprio qui che la blockchain entra in gioco – prosegue il direttore del master Smea – per garantire anche alle fasi meno a contatto con i mercati finali le giuste informazioni e per condividere poi anche le informazioni in senso opposto, dalle fasi a monte, di tutti gli stadi della supply chain. Questi flussi informativi sono ancora più necessari in un settore, quello agro-alimentare, nel quale la variabilità delle caratteristiche qualitative di prodotti e fattori di produzione è elevata e dove, quindi, il coordinamento è assolutamente necessario. La vera novità poi rispetto al passato è che qualsiasi cambiamento viene attuato solo se condiviso in un’ottica di ottimizzazione dell’intera filiera di riferimento. Rispetto a prima viene amplificato il ruolo di ogni singolo partecipante alla catena dell’offerta, con indubbi benefici rispetto a una situazione di leadership conclamata di una sola componente, spesso afferente alla distribuzione. In altre parole – conclude il professor Boccaletti – tutti i ruoli, godendo di una maggiore responsabilità, sono più incentivati ad agire per ottimizzare i risultati dell’intera blockchain».