15 marzo 2019
Di dimensione economica, articolazione della filiera e importanza della difesa dalle contraffazioni ha parlato alla Smea, nel corso di un seminario, Federico Desimoni, direttore generale del Consorzio di Tutela della Igp modenese.
Con 97 milioni di litri prodotti annualmente, un fatturato alla produzione di 370 milioni di euro e un valore al consumo di circa un miliardo di euro l'Aceto balsamico di Modena è una Igp di tutto rispetto nel panorama dei prodotti alimentari nazionali, tanto da collocarsi tra le top five delle specialità italiane a marchio di qualità europeo.
Di più: concorre sensibilmente all'export nazionale nel settore agrifood, visto che circa il 92% della produzione viene venduta all'estero, e almeno il 50% varca i confini dell'Unione europea. In questo senso prende corpo il ruolo del Balsamico di Modena quale "ambasciatore del made in Italy", come lo ha definito Federico Desimoni direttore generale del Consorzio di Tutela in un seminario alla Smea, Alta scuola di management ed economia agro-alimentare dell'Università Cattolica di Cremona.
Grazie alla sua portata economica e al posizionamento di mercato, l'Aceto balsamico di Modena è anche un importante strumento di valorizzazione di un'intera filiera di produzione. Una filiera composita, nella quale operano 119 cantine, 61 concentratori, 72 acetaie e 177 confezionatori. E gli addetti complessivi nel segmento sono oltre 1.000.
Come accade a molte altre Igp e Dop, l'Aceto balsamico di Modena vede, soprattutto sui mercati internazionali, molti tentativi di imitazione. Per questo la tutela dalla contraffazione – vero "sfruttamento della reputazione" come l'ha definita Desimoni nel corso del seminario Smea – è fondamentale tra le azioni del Consorzio.
Nasce secoli fa come condimento, ha dunque una storia antica alle spalle ma ha saputo adattarsi alle esigenze della cucina moderna e delle culture gastronomiche eterogenee del giorno d'oggi e dal 2009 è registrato tra i prodotti a Indicazione geografica garantita (Igp).
L'Aceto balsamico di Modena è ottenuto da mosti parzialmente fermentati, cotti o concentrati. L'uva utilizzata per l'ammostamento proviene esclusivamente – come indica il disciplinare di produzione – dai vitigni di Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni. Al mosto vengono aggiunti aceto di vino, nella misura minima del 10%, e una aliquota di aceto vecchio di almeno 10 anni.
L'elaborazione del Balsamico di Modena avviene con il classico metodo di acetificazione mediante l'impiego di colonie batteriche selezionate; mentre la fase successiva è quella dell'affinamento. Sia quest’ultima che la prima si svolgono all'interno di barili, botti o tini di legno pregiato quali rovere, castagno, quercia, gelso e ginepro. Il periodo minimo di affinamento è di 60 giorni, conteggiati a partire dal momento in cui le materie prime, miscelate tra loro sono avviate all'elaborazione. Al termine dell'affinamento, l'aceto ottenuto viene sottoposto a un esame analitico e organolettico, affidato a un gruppo di tecnici e assaggiatori esperti: è questo lo step da superare affinché il prodotto possa essere certificato come Aceto balsamico di Modena.
Una volta trascorsi 60 giorni di affinamento in tini di legno, l'Aceto Balsamico di Modena può essere sottoposto a un ulteriore periodo di invecchiamento. Se questa fase si dilunga per più di tre anni, il prodotto finito potrà fregiarsi della definizione di "invecchiato".
Grazie allo stretto rapporto con le imprese dell'agroalimentare, la Smea dell'Università Cattolica di Cremona offre agli studenti il contatto diretto con realtà imprenditoriali di primo piano a livello nazionale. Un rapporto che reca peraltro vantaggi al sistema economico cremonese di settore, non a caso Smea partecipa al progetto Cremona Food-Lab che offre alle nostre imprese servizi e ricerca sull'innovazione di processo o di prodotto e sulla gestione manageriale.