23 novembre 2018
Granarolo è uno dei giganti del settore lattiero-caseario sia a livello italiano che europeo.
Qualche numero per inquadrare la dimensione del gruppo: 700 allevatori conferenti, 8,5 milioni di quintali di latte lavorato all'anno in 18 stabilimenti sparsi per l'Italia. E a livello internazionale, oltre a disporre di 7 impianti produttivi, il gruppo può contare su una presenza commerciale in 75 paesi.
I prodotti sono davvero tanti, distribuiti attraverso molti marchi tra cui spiccano Granarolo e Yomo. Si va dal latte fresco al latte Uht e dai formaggi freschi a quelli stagionati; e poi mozzarella, ricotta, prodotti vegetali e così via.
Se è vero che Granarolo è una Spa, nel gruppo è molto forte lo spirito cooperativo. Del resto, le azioni "Granarolo" sono per oltre il 77% in mano a Granlatte, un colosso della cooperazione con sede a Bologna. E se una Spa deve creare dividendi per i propri azionisti, una cooperativa deve valorizzare il prodotto dei propri soci, che per Granlatte sono molte centinaia di produttori di latte.
Proprio di strade per la valorizzazione del latte ha parlato Gianluca Ferrari, vicepresidente Granlatte, a un seminario organizzato dalla Smea, l'Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell'Università Cattolica di Cremona. Da questo punto di vista, sono tre le linee strategiche seguite dal gruppo: acquisizioni, diversificazione e, soprattutto, sostenibilità.
«Il percorso di crescita dimensionale sarà sempre più focalizzato all'acquisizione di partner distributivi per sviluppare le vendite sui mercati esteri dei prodotti Granarolo» ha affermato Ferrari alla Smea. D'altro canto i dati parlano chiaro: da anni prosegue la crescita della presenza di Granarolo all'estero, con un'incidenza della componente export sul fatturato che è passata dal 4% nel 2011 al 28% nel 2017. E non basta: «L'obiettivo strategico per il gruppo è arrivare a un peso dell'estero al 40% nel 2019, considerando che il 2018 chiuderà vicino al 35%.»
Per sostenere lo sviluppo, anche considerando la stasi nei consumi tradizionali di latte, è necessario proseguire la spinta alla diversificazione dairy. Perciò, se oggi oltre al latte alimentare, la categoria più importante in termini di fatturato è costituita dai formaggi «vediamo sempre più in crescita – sostiene il vicepresidente Granarolo – gli healthy food, i prodotti vegetali e il comparto degli snack». E poi c'è il capitolo "altri latti", sui quali nel business plan 2019 «Granarolo lavora per la conversione/diversificazione delle stalle sulle produzioni ritenute di potenziale interesse per il Gruppo: latte ovino, caprino, bufalino; tutti orientati, in qualche modo, alle produzioni territoriali e Dop».
Ma la linea operativa che per Granlatte e Granarolo ha maggior valore strategico è quella che ruota attorno alla parola sostenibilità. Un concetto molto ampio – come ha spiegato Gianluca Ferrari alla Smea – perché «sostenibilità vuol dire benessere animale, minor impiego di antibiotici, un uso più consapevole delle risorse acqua ed energia, meno emissioni inquinanti fino alla massima trasparenza sull'origine del prodotto».
Proprio sul benessere animale Granarolo, in collaborazione con Csqa, ha promosso sin dal 2017 un programma che ha portato nel corso del primo semestre 2018 alla certificazione di tutti gli allevamenti che producono latte di Alta qualità e di quelli che producono latte Biologico, «e a breve – ha sottolineato Ferrari – la certificazione di benessere animale si estenderà a tutte le altre stalle conferenti al Gruppo Granarolo».