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Le sfide dei manager di domani in un seminario di Coop Italia alla Smea

 

Cambiamento climatico, mutamenti demografici, trasformazioni dei comportamenti di consumo alimentare: problemi cogenti già oggi e sfide che attendono i manager di domani. Lungo questo filone tematico si è svolto il seminario di Claudio Mazzini, direttore “freschissimi” di Coop Italia agli studenti della Laurea magistrale in Agricultural and food economics e del Master in Agri-food business della Smea, l’Alta scuola di management ed economia agroalimentare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona.

«C’è la necessità di guardare lontano, di avere uno sguardo attento al lungo periodo, questa è la grande sfida del mondo agroalimentare» ha sottolineato il professor Gabriele Canali, docente Smea introducendo il seminario che effettivamente ha tratteggiato agli studenti una prospettiva problematica ma importante per chi fra poco si affaccerà al mondo del lavoro.

 

 

 

La crisi climatica

Per quantificare l’impatto del cambiamento climatico, a Mazzini è bastato ricordare che negli ultimi decenni è costato 210 miliardi di euro, un multiplo delle manovre di bilancio pubblico di cui ogni anno si discute tanto in Italia. E questo influisce concretamente su diversi fattori economici con cui devono fare i conti i produttori di ortofrutta, uno dei settori più esposti. Le assicurazioni, per esempio, sono aumentate in un anno del 10%, dopo un 2023 flagellato da fenomeni atmosferici estremi. Non basta: se l’azienda non ha strumenti attivi di protezione, non viene assicurata. Ma anche il sistema creditizio sta sempre più integrando il rischio climatico tra i propri parametri. «Il clima sta spostando il Pil verso Nord» ha detto Mazzini, spiegando come diverse produzioni agricole prima appannaggio di regioni meridionali si sposteranno in aree più settentrionali, dove cioè potranno ritrovare le condizioni climatiche originarie, nel frattempo scomparse nelle aree tradizionali.

Tutto ciò impatta sui costi di produzione, tanto che si parla di heatflation, cioè di inflazione dovuta al clima caldo – e in generale a fenomeni meteo avversi – che, raggiungendo aree sempre più vaste, abbatte la produzione agricola e ortofrutticola in particolare, determinando un innalzamento dei prezzi da deficit di offerta.

 

I cambiamenti demografici

Da anni la popolazione italiana, insieme a quelle europea, sta diminuendo e invecchiando, e questo si tradurrà in minor consumi alimentari. Inoltre, sta aumentando la distanza fisica tra chi produce e chi consuma, e questo impatta sui costi. I consumi cambiano e cambieranno, perché, tra le altre cose, ci saranno sempre meno coppie con figli e cresceranno le famiglie monocomponente.

Ma c’è un altro aspetto problematico che il direttore “freschissimi” Coop Italia ha voluto rimarcare: la grave carenza strutturale di manodopera a cui il nostro Paese sta andando incontro. E che in parte potrebbe essere coperta dall’immigrazione, a patto che l’Italia diventi più attrattiva e inclusiva, perché spesso, molti immigrati prendono l’Italia come un hub di transito verso altre destinazioni europee viste come più allettanti.

 

L’agricoltura deve aggregarsi

Infine, Claudio Mazzini ha mostrato agli studenti Smea la situazione non rosea dell’imprenditoria agricola italiana, con numeri in diminuzione, poche donne e pochi giovani. Dinamiche che, tra le altre cose, si traducono in cali produttivi in molti settori. «Un esempio in controtendenza, dove cioè la produzione tiene, è dato dal distretto delle mele in Trentino, e la ragione è la forte aggregazione dei produttori che in quel contesto si sono organizzati per tempo» ha commentato Mazzini. Un tema, quello dell’aggregazione in agricoltura che, al termine della presentazione, ha generato un intenso scambio di idee tra studenti e relatore, facendo emergere la necessità di trovare nuove forme organizzative che distribuiscano il valore e consentano la sopravvivenza di tutti gli attori della filiera.

 

 

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